
Teheran, 4 novembre 1979: in piena rivoluzione centinaia di militanti fanno irruzione nell'ambasciata americana, prendendo in ostaggio cinquanta dignitari e dipendenti americani mentre sei riescono a fuggire ed a rifugiarsi negli appartamenti dell'ambasciatore canadese. Sarà compito della CIA e degli Esteri trovare il modo per far uscire da un paese infuocato i sei cittadini americani prima che vengano scoperti ed impiccati pubblicamente.
Basato su una emozionante storia vera, declassificata da top secret solamente da Bill Clinton nella seconda metà degli anni '90, Argo è un mix fra pellicola drammatica e thriller, con non pochi aspetti documentaristici. Ben Affleck, nuovamente dietro la macchina da presa a due anni da The Town, pesca abbondantemente dai documenti della CIA e dalle immagini storiche dell'epoca, ricostruendo alla perfezione le istantanee di un'epoca e facendo sì che la trama del film possa snodarsi attraverso i solchi lasciati dalla storia vera.
Il risultato è un film ben costruito, un thriller che gioca sugli stati emozionali dei protagonisti e degli spettatori stessi, rallentando il ritmo della narrazione solo raramente e facendo sì che chi guarda possa restare incollato alla sedia per due ore senza quasi accorgersene.
Più leggero nella prima ora di proiezione, quando vengono trattate tematiche che permettono ad Affleck di ironizzare sia sull'industria cinematografica - emblematica la frase fatta pronunciare a John Chambers/John Goodman -
Quindi tu vuoi venire a Hollywood, far finta che stai lavorando ad un progetto grandioso senza realizzarlo veramente, giusto?Allora hai scelto il posto giusto!”
sia sui servizi americani, incapaci all'inizio di collaborare fra loro.
Pian piano che il fulcro della narrazione si sposta in Iran il pathos aumenta e protagonisti diventano i sei cittadini americani, l'ambasciatore canadese e sua moglie, la giovane cameriera iraniana, in un contesto di fine anni '70 ricostruito alla perfezione nelle ambientazioni, nella scelta dei colori e degli abbigliamenti dei protagonisti.
Bravo Affleck nel doppio ruolo di regista e protagonista, maturo come regista ed ottimo come Tony Mendez. Piace John Goodman nei panni di John Chambers mentre è ottimo Alan Arkin nei panni di Lester Siegel, anziano produttore che vive di glorie antiche. Recitano bene nei panni dei sei americani Tate Donovan, Clea DuVall, Scott McNairy, Rory Cochrane, Christopher Denham e Kerry Bishé, riportati perfettamente da truccatori e costumisti nel 1979, fra baffoni folti, barbe e occhialoni vintage.
Nel cast figura anche Victor Garber nel ruolo dell'ambasciatore canadese.
Giudizio complessivo: @@@@@
Di seguito è descritta parte della trama
Il 4 novembre 1979 l'ambasciata americana di Teheran è assediata ed attaccata dai rivoluzionari iraniani: inizia il calvario per i cinquantasei dipendenti cittadini americani. Sei di questi, impiegati dell'ufficio aperto al pubblico per il rilascio dei visti, scelgono di fuggire ed uscire dall'ambasciata nel momento stesso in cui aiutano gli iraniani presenti ad allontanarsi per evitare ritorsioni. Riusciranno a rifugiarsi negli appartamenti dell'ambasciatore canadese. Negli States dopo alcune settimane di stallo si decide di intervenire per salvare i sei prima che vengano scoperti - centinaia di bambini stanno infatti lavorando in capannoni per riassemblare i documenti dell'ambasciata distrutti in modo tale da individuare foto e mansioni di tutti i dipendenti. Per l'occasione è chiamato come consulente Tony Mendez, un "exfiltratore", ovvero un esperto di "exfiltration", le operazioni di allontanamento immediato di personale alleato da un lugoo quando questo sia diventato estremamente pericoloso. L'esperto di coperture, all'ascoltare i piani messi in atto dagli Esteri (spacciare i sei per docenti di una scuola per stranieri chiusa da otto mesi oppure farli fuggire in bicicletta per 300 miglia nel freddo inverno iraniano) mette a punto un piano tanto assurdo da risultare "il migliore dei cattivi piani" in possesso degli States: produrre un falso film e far uscire i sei come operatori dell'industria cinematografica, alla luce del giorno, dall'aeroporto principale della città. All'inizio sembrerà più complesso convincere chi vive in una Hollywood malconcia come all'epoca lo era la celebre scritta sulla collina, piuttosto che i dirigenti dell'Intelligence e la Casa Bianca.