martedì 12 ottobre 2010

l'uomo nero (2009): recensione del film di Sergio Rubini con Riccardo Scamarcio e Valeria Golino

Ricevo e volentieri pubblico la recensione scritta da Daniela Persico di "Incontrollabilmente Io" di "L'uomo nero" di Sergio Rubini con Riccardo Scamarcio, Valeria Golini e Sergio Rubini.


"L'uomo nero" è l'ultimo film del regista e attore Sergio Rubini.

Rubini, grandissimo artista pugliese, torna ancora una volta alle radici della sua estetica e del suo sentire, nonché, con tutta probabilità, alle radici stesse della sua formazione emotiva.

Piccolo è il paese che fa da sfondo alla storia raccontata: una storia da provincia dell'entroterra del sud qualunque, in uno qualunque degli anni sessanta, in una famiglia qualunque.

Ma come si potrebbe dire con Tolstoj tutte le famiglie sono uguali, ognuna è magica a modo suo.

E la famiglia del piccolo protagonista, l'occhio, la voce e il cuore narrante di questa coinvolgente pellicola del Rubini, ha la sua specialità nell'amore, quello che il piccolo Gabriele Rossetti vive, vede e prova.

L'amore che un convincente Scamarcio sente per la sorella Valeria Golino e per il figlio di questa coppia disfunzionale solo apparentemente (la coppia formata dalla Golino, per l'appunto, e da un Rubini, a mio avviso particolarmente efficace); l'amore per la fantasia che un piccolissimo ma più che promettente Guido Giaquinta, figlio del capostazione amante dell'arte Ernesto Rossetti e della dolentemente bella professoressa Franca, impara da una madre venerata e dalla sua famiglia, quella che lui considera la sua famiglia magica, ripudiando in toto la parte paterna -  a volte confliggente con quella visione eterea della vita e del sentire - allontanandone poiché comprende anche violenza, follia, eccesso; l'amore per l'arte che pare prendere nel vortice il capostazione che per una riproduzione di un quadro - un piccolo autoritratto di Cezanne, suo ideale maestro - rischia di perdere tutto, non accorgendosene neanche; l'amore puro che Guido impara nei corridoi e nelle scale di un museo di Bari, insieme ad una ragazzina, donna meravigliosa che in età matura sarà Margherita Buy (splendida dichiarazione, a mio avviso, di un amore, quello che lega i due artisti, che va oltre le separazioni giudiziali); l'amore per un amico scapestrato, il "cattivo" del paese che come Lucignolo sa sempre portarlo nel paese dei balocchi ma che poi è quello che dopo "n" anni ancora gli vuol bene, ancora sa volergli bene ("t'ho visto pure in televisione, ti ho visto").

Tutto questo rappresentato in un viaggio magico, nel tempo, nei luoghi e nei ricordi, con diversi piani temporali e mentali, ma con un'unica prodigiosa unità di luoghi di matrice quasi aristotelica.

Un viaggio in cui nulla è quello che sembra, compreso l'uomo nero del titolo, uomo nero che, del resto, sembra dirci Rubini, è coesistente in ognuno di noi, è quella parte della quale dobbiamo liberarci se riusciamo, se possiamo, se vogliamo.

E così il viaggio di Guido Giaquinta nelle vesti di Gabriele Rossetti parte e finisce nello stesso modo ed è un ouroburos perfetto: è un saluto finalmente d'amore; è un non varcare quella porta perché non è il tempo (non ora, non qui); ma, soprattutto è un girarsi mai. Cosa prodigiosa che solo chi avuto, non uno, ma due maestri può fare.

Sergio Rubini pecca forse di alcune lungaggini e preziosismi in questo che resta un film esteticamente perfetto anche grazie all'attentissima fotografia di Cianchetti; una pellicola coralmente recitata ad ottimi livelli; un'opera densa contenutisticamente con il merito anche della sceneggiatura firmata assieme al napoletano Starnone, già legato a questi temi dei rapporti problematici nelle famiglie (si vedano i romanzi "Via Gemito" e "Denti", quest'ultimo tradotto sullo schermo dal grande Gabriele Salvatores).

Un film che non esito a consigliare: sarete cullati dalle soffici note di Nicola Piovani in un mondo fiabesco che guarda a Benigni, guarda forse all'ultimo Salvatores, essendo da entrambi ed anche dalle ultime sue proprie opere del tutto dissimile.

Un film che fa sorridere e piangere, piangere, piangere.

Ciao Grupetto mio, sempre, stai ancora qui, vedi anche il tuo omonimo Sergio sa bene che la Morte non esiste.

2 commenti:

Tizyana ha detto...

Non ancora visto questo film, ma penso sia ugualmente un capolavoro, Sergio Rubini lo apprezzo molto, sia in veste d'attore che di regista.

SuperEgoVsMe ha detto...

Anche a me piace molto, come si sarà forse capito, ma questo film mi sento di consigliartelo in particolare, cara Tizyana - azzurraa

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