giovedì 14 luglio 2011

La prima cosa bella (2010): recensione del film di Paolo Virzì


La prima cosa bella di Paolo Virzì è stato uno dei film italiani più apprezzati da critica e pubblico del 2010, candidato a ben diciotto David di Donatello, vincendone solamente tre (sceneggiatura, miglior attore protagonista e miglior attrice protagonista). Si tratta di un intenso e struggente dramma  familiare vissuto con occhi e prospettiva di un bambino di pochi anni che, a inizio anni '70, vede prima i genitori separarsi violentemente e poi la madre prendere decisioni azzardate ed a prima vista fortemente discutibili.
Nella Livorno degli anni '70 l'esuberanza caratteriale ancor prima che estetica della bella e giovane Anna porta sconvolgimenti nella famiglia di lei.

Protagoniste assolute sono infatti le "due" Anna Michelucci, quella giovane, prorompente e un po' svampita,  interpretata da una brava Micaela Ramazzotti,  quella adulta, malata terminale eppure così serena, dolce e materna, interpretata da una magistrale ed ottima Stefania Sandrelli. Gli altri sono comprimari, comparse o coprotagonisti del film della vita della bella Anna, dai figli al marito, alla sorella, ai tanti pretendenti.
Virzì nel ricostruire il difficile rapporto di un figlio con una madre che non ha in realtà mai davvero compreso,  seppur molto amato, riesce ad approfondire oltre l'atteso alcuni aspetti caratteriali dei propri personaggi, giocando con i flashback e creando una trama che, seppur con il salto temporale di oltre trent'anni, risulta ben ordita e convergente verso un unico punto: la figura della madre morente ed al contempo amante della vita fino all'ultimo secondo.
A far da contraltare alla semplicità di Anna, con il suo essere buona dentro ancor prima che bella fuori, tutte le figure di contorno, dal marito geloso, piccolo e schiavo di una mentalità maschilista, alla figlia Valeria (Claudia Pandolfi nella versione da adulta), costretta a crescere prima del dovuto ed a sposare giovanissima il primo spasimante che le aveva, finalmente, garantito sicurezze, sono complesse ed infelici, costrette a recitare quasi un ruolo non proprio, subalterno intorno alla figura di Anna. Il punto comune di tutti i comprimari è proprio l'amore per la protagonista, dai tanti aspiranti  amanti al marito, ai figli. Il punto di vista presentato allo spettatore, per quanto riguarda le vicende giovanili dei protagonisti è  quello del figlio maschio, bambino poco propenso al sorriso, cresciuto all'ombra di una madre all'apparenza di facili costumi, desiderosa di intraprendere una carriera cinematografica anche a costo di far vivere i propri figli in maniera poco consona.  I fraintendimenti, le mezze verità ed i silenzi creeranno i presupposti affinchè il giovane cresca con il desiderio di fuggire dalla madre, riscoprendone solo alla fine le doti insieme ai limiti noti e comprendendo, probabilmente, di essere stato troppo influenzato dalla morale bigotta della zia e del padre per capire che la madre non era quella che lui, nonchè parte del paese, pensava fosse.  La prima cosa bella è in sintesi un inno alla vita, che va vissuta con serenità ed apprezzandone le bellezze nonostante le incomprensioni, le malattie, le dipendenze dalla droga, l'infelicità di un matrimonio sbagliato. 

Oltre alle già citate Micaela Ramazzotti e Stefania Sandrelli, buona l'interpretazione del terzo protagonista, quel Valerio Mastandrea che bene entra nei panni del proprio personaggio, insegnante frustrato, dipendente da droghe e medicine e depresso. Discreta l'interpretazione della Pandolfi, come di buona parte dei comprimari.

Giudizio complessivo: @@@@

Le recensioni dal mondo dei blog cinefili:

2 commenti:

cooksappe ha detto...

visto! ^_^

Fabrizio Reale ha detto...

Visto? E ti è piaciuto o no? :D

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