giovedì 9 dicembre 2010

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) recensione del film di Elio Petri con GianMaria Volontè

Ricevo e volentieri pubblico la recensione di "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" (1970) scritta da Daniela Persico di Incontrollabilmente io.



Quel piccolo grande mito che è il mio Fratellino rariter sbaglia, ma mai quando si tratta di cinema.
Egli ne è un vero esperto e cultore, amante e conoscitore, soprattutto, di quello d'antan.
Erano anni oramai che mi consigliava (anzi a dire il vero me lo imponeva quasi fosse un imperativo di matrice kantiana) di vedere "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" del regista Elio Petri.
Ieri sera, complice il mio morbo che come vedete ancor non abbandona, l'ho finalmente visto, trascinando, oltretutto, insieme a me un proselite, l'ottimo O. ma anche S., con il quale ho potuto fare qualche breve commento a caldo dopo la visione del film, passato sulla terza rete della Rai appunto ieri sera.
Devo dire che ne è valsa assolutamente la pena e che il mio amatissimo Fratellino aveva più che ragione: "Indagine su un cittadino al di là di ogni sospetto" è un film ruvido, duro, amaro che fa riflettere e molto.
Girato dal regista Elio Petri - scomparso prematuramente alla giovane età di 52 anni nel 1982 dopo aver dato vita a numerose pellicole di grande interesse (tra cui "A ciascuno il suo", "Todo Modo" e "La classe operaia va in paradiso") - su un soggetto da lui stesso elaborato in collaborazione con lo sceneggiatore Ugo Pirro, "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" è una pellicola del 1970 che ebbe un grandissimo successo di pubblico e critica.
Fu inoltre insignito di numerosi ed importanti premi: il Gran Prix della critica al ventitresimo Festival di Cannes, due David di Donatello (l'altro fu vinto come attore protagonista da Gian Maria Volonté) e nel 1971 l'Oscar come migliore film straniero.
Il film è una spietata denuncia sui metodi e sull'idea stessa dell'autorità che la polizia italiana portava avanti agli inizi degli anni settanta.
Il capo della squadra omicidi, all'inizio dello svolgersi dei fatti appena promosso alla sezione politica, è interpretato da uno straordinario Gian Maria Volonté: un uomo che incarna in tutto e per tutto la prosopopea del potere, la sua forza bruta, la sua capacità di essere anche condiscendente a suo piacimento, lo sprezzo mostrato verso alcuni sottoposti e la reverenza imbarazzata verso i superiori. L'interpretazione di Volonté è folgorante, sopra le righe, grottesca e iper-reale.
L'ispettore decide di compiere un delitto, uccidendo la propriaamante, una conturbante Florinda Bolkan, e disseminando la scena del delitto di una miriade di indizi che portino inequivocabilmente a lui: vuole dimostrare che essendo al di sopra di ogni sospetto, la polizia non arriverà mai ad affermare la sua colpevolezza.
Ed infatti è così, per quanti indizi emergano, per quanto inconsistenti siano le prove a carico dell'unico principale sospettato (l'ex marito della vittima, un omosessuale) i suoi ex colleghi non arrivano mai a sospettare di lui, nonostante i nuovi suggerimenti che Volonté invia alla polizia attraverso mezzi sempre più contorti: pacchi anonimi, testimonianze di comuni cittadini da lui stesso volontariamente immischiati nel caso.
Contemporaneamente allo svolgersi delle indagini e parallelamente alla nuova carriera che l'ispettore capo svolge adesso nella squadra politica, Petri ci porta, attraverso una serie flash-back, nella torbida storia vissuta tra l'ispettore e la vittima, la bellissima, sofisticata e spietata Augusta Terzi, donna che mina le poche sicurezze dell'ispettore con la forza della sua cultura e facendosi beffe delle sue attenzioni e della sua posizione, ridicolizzando, nella mente oramai del tutto compromessa dell'ispettore, la funzione stessa del potere.
Incredibile la crudezza narrativa di Petri, aiutato dalla magistrale fotografia di Luigi Kuveiller (che poi si consacrerà definitivamente per la fotografia del film di Dario Argento, "Profondo Rosso"), che porta lo spettatore all'interno di dinamiche mentali ma anche reali completamente assurde e deviate, con una semplicità esacerbante.
Eccellente Volonté capace di incarnare all'estremo quello che il suo personaggio gli impone: un uomo estremamente fragile e vittima delle regole che crede di dover seguire e applicare, quelle stesse regole il cui collasso sa di non potere sopportare.

Come sempre incisive le musiche di Ennio Morricone, questa volte eseguite a cura del M° Bruno Nicolai.
Un film, le cui ultime sequenze sono altamente ansiogene e a doppio colpo di scena, che si chiude, molto amaramente, con le parole dell'immortale Franz Kafka: "qualunque impressione faccia su di voi, egli è servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano".
Un vero e proprio capolavoro della cinematografia italiana e mondiale, un film di denuncia della disumanità che si nasconde anche in quelli che sembrano essere i più democratici stati di diritto.
Ecco quarant'anni fa non si aveva paura a rappresentare la nostra realtà per quella che era; oggi i torturatori hanno sempre turbanti in testa e parlano sempre altre lingue, nei nostri film così come - e questo è ben più grave - nei nostri telegiornali.

2 commenti:

ilbibliofilo ha detto...

film giustamente famoso e premiatissimo (l'Oscar non lo danno al primo venuto!) e FENOMENALE l'interpretazione di G.M.Volontè
ricordo di aver litigato con mio padre, che trovava scandaloso il descrivere le forze dell'ordine in quel modo (povero papà, come eri ingenuo!!!)

SuperEgoVsMe ha detto...

caro bibliofilo: capita (ma lo trovo sempre molto doloroso) di trovare i propri "vecchi" ingenui, forse è il segno dell'essere diventati grandi!
Grazie per il commento, condivido assolutamente!

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