giovedì 27 ottobre 2011

Carnage: recensione del film di Roman Polanski con Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz

Non è semplice riuscire a realizzare una pellicola la cui unica ambientazione sia una stanza di appartamento senza che il pubblico debba annoiarsi un istante solo. Carnage, applaudito ma non premiato all'ultima mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, è probabilmente il più interessante fra i film usciti nelle sale cinematografiche nel terzo quadrimestre del 2011, con un magistrale Roman Polanski dietro la macchina da presa, in grado di evidenziare anche il minimo sussulto emotivo di ciascuno dei quattro protagonisti principali, capace di descrivere un piccolo psico-dramma familiare con una cura dei particolari quasi maniacale, dove nulla è lasciato al caso, nemmeno la disposizione dei libri su un tavolino.  
Con doviziosi e continui cambi di messa a fuoco attraverso una cinepresa spesso ferma ed immobile, talvolta concitatamente in movimento, sfruttando gli angoli dell'appartamento ed ogni singola superficie in grado di riflettere l'immagine dei protagonisti, il regista riesce a dare spessore ad un incontro conciliatore fra due coppie di genitori, a delinearne in maniera più che approfondita il carattere, le idee, le movenze, chiedendo a consumati e bravissimi attori di abbandonare i cliché tipici di chi recita davanti ad una macchina da presa per prendere quelle movenze ed espressioni facciali tipiche dell'attore di teatro.  Basata sulla pluripremiata piece teatrale Le Dieu du carnage,  l'intera pellicola offre spunti da antologia del cinema e già i primi istanti del film sono di sicuro impatto, con l'ottica fissa su un angolo di un parco di Brooklyn,  mentre, allo scorrere dei titoli di testa ed ancora con la colonna sonora in sottofondo, si scorgono da lontano dei ragazzini intenti a litigare ed uno di questi colpire l'avversario al volto con un bastone: lo spunto affinchè due coppie all'apparenza del tutto distanti e differenti fra loro si incontrino è offerto.
Carnage rientra nel novero delle "black comedy" e se è indubbio che si rida in alcuni passaggi, va sottolineato che il cinismo ed il modo di comportarsi di alcuni dei protagonisti sia tale da riuscire a suscitare sentimenti di antipatia in buona parte del pubblico, che tende a partecipare pertanto emotivamente al susseguirsi degli eventi in casa Longstreet, a quel balletto fra uscite e rientri in scena, all'alternarsi del ruolo di "cattivo" ed al venir meno, con il tempo e con l'aiuto di una buona dose di un buon scotch invecchiato, di qualsiasi maschera finto-buonista portata da ciascun genitore.

Bravissimi tutti e quattro i protagonisti, eccezionale Jodie Foster capace di trasmettere dubbi e sicurezze, di irretire o rendere accondiscendente lo spettatore con una smorfia o uno sguardo, con un cambio di colorito o una semplice parola non detta.  Splendidamente irritante a causa del ruolo di cinico avvocato di punta di una casa farmaceutica chiamata a difendersi da una probabile class action, comico nel momento della perdita del prezioso telefonino,  Christop Waltz conferma le eccellenti doti che lo hanno portato a vincere l'Oscar nel 2010 per Bastardi senza gloria.  Kate Winslet recita quasi alla pari della Foster, più che buona l'interpretazione di John C. Reilly.

Giudizio complessivo: @@@@@1/2



2 commenti:

Il Cineocchio ha detto...

Senza dubbio una grande opera: un grandioso Polanski, un testo infallibile e quattro attori davvero superlativi.

Fabrizio Reale ha detto...

Hai perfettamente ragione!!

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