sabato 24 settembre 2011

Blade Runner (1982): recensione del film capolavoro di Ridley Scott con Harrison Ford


Pochi film sono in grado di influenzare e ricreare un genere, pochissimi entrano nell'immaginario collettivo al punto da far sì che anche una singola frase possa diventare citazione comune di pubblico dominio. 
Blade Runner, capolavoro di Ridley Scott del 1982, in questa sede recensito per quanto riguarda la versione "The final cut" in HD del 2007,  rientra nel novero di queste pellicole rare.
Cosa differenzia l'uomo dalla macchina? Quale la differenza allorquando l'uomo diventa in grado di creare androidi, veri e propri replicanti dalla forma umana, più forti e talvolta più intelligenti dei loro stessi creatori, seppur dalla "vita" limitata in quanto  "La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo"? Ridley Scott in Blade Runner pone dei nuovi confini alla fantascienza, partendo dall'opera di Philip K. Dick -  dai cui libri sono stati tratti anche Atto di Forza, Paycheck, I guardiani del destino - e la differenza fra uomini e androidi diventa probabilmente solo l'aver consapevolezza del proprio passato e l'incertezza sul proprio futuro.  
La Los Angeles del 2019 sede di tutti gli avvenimenti del film è una metropoli decadente e noir, un mix fra grattacieli anni'80,pieni di luci e pubblicità, e palazzi semi abbandonati dall'atmosfera quasi gotica: sotto una pioggia continua, con il sole offuscato da una fitta nebbia dovuta all'inquinamento, quanti sono rimasti sulla Terra, malati, invalidi o poveri, disadattati o poliziotti, sopravvivono in un'atmosfera piena di contrasti, fra macchine volanti ed antiquati quotidiani di carta, bettole degne dei peggiori sobborghi e tecnologie elevate. Chi può vive nelle colonie "Off world", extra mondo, e lo spettatore è colpito dal fatto che proprio il grande scienziato creatore dei replicanti viva sulla Terra, così come alcuni suoi fedeli collaboratori.  In questo contesto di luci ed ombre, di pioggia sporca ed alcool, si muove il protagonista, Rick Deccard, richiamato in servizio come "Blade Runner", come "ritiratore", per non scrivere eliminatore o cacciatore, di replicanti, perchè l'uomo nega che una propria creatura possa avere una coscienza e pertanto non ritiene assassinio la loro eliminazione. L'avversario, un Rutger Hauer magistrale nell'interpretare il replicante Roy Batt, si dimostrerà alla fine più umano degli umani, consapevole di essersi riuscito a costruire un passato ed una storia propri. Il senso del piccolo monologo finale sta proprio nel voler dimostrare all'uomo che l'androide può essere considerato a tutti gli effetti suo pari se non superiore a causa dell'essere stato protagonista di fatti ed eventi inimmaginabili... « Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo Come lacrime… nella pioggia… È tempo di morire… »

Il film ha tanti punti di forza, dalla storia ripresa dal racconto di P.K. Dick "(Do Androids Dream of Electric Sheep " in italiano Il Cacciatore di Androidi o nella traduzione più letterale Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) all'ottima scenografia, da una colonna sonora memorabile composta da Vangelis, all'interpretazione dei due protagonisti principali.
Molto bravi infatti Rutger Hauer ed Harrison Ford, costui al massimo della fama grazie all'interpretazione quasi in contemporanea di Ian Solo, Indiana Jones e di Rick Deccard,  più che discrete le co-protagoniste femminili Sean Young e Daryl Hannah.

Giudizio complessivo: @@@@@@


2 commenti:

ilbibliofilo ha detto...

bellissimo film, migliore del romanzo (DO ANDROIDS DREAMecc non è il capolavoro di Ph. K. D.)
molti hanno buttato il dvd della versione dell'82 quando è uscito il "director's cut" MA A ME PIACE TANTO QUEL FINALE, soprattutto quando Deccard spiega il gesto del suo "nemico": "amava ogni vita, anche la mia..."

Fabrizio Reale ha detto...

Ciao Marco! Piacere ritrovarti qui! Hai perfettamente ragione... forse il finale della versione originale è migliore... comunque sia è e rimane un capolavoro del suo genere!

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