mercoledì 10 novembre 2010

Una vita tranquilla: recensione e trama del film con Tony Servillo di Claudio Cupellini


Ricevo e volentieri pubblico la recensione del film di Tony Servillo "Una vita tranquilla" scritta da Daniela Persico per il suo blog "Incontrollabilmente Io".

"Una vita tranquilla" è il nuovo film di Tony Servillo per la regia di Claudio Cupellini.

Cupellini è un giovane regista dalla lunghissima gavetta - fatta di interessanti cortometraggi e partecipazioni ad importanti progetti corali -, emerso nella scorsa stagione cinematografica con "Lezioni di cioccolato", una pellicola leggera, ma molto apprezzata, con protagonisti Luca Argentero e Violante Placido, nominata ai David di Donatello.
In questo caso, Cupellini cambia registro e notevolmente: abbandonate le dinamiche ed i colori da commedia sentimentale, si cala in un torbido noir, probabilmente guidato da un magistrale Tony Servillo che nella propria assoluta - e in più direzioni declinabile - bravura è proprio in questo genere che trova la sua naturale sedes materiae.
E così il tranquillo, sereno, ma sotteraneamente inquieto Rosario di Germania, gestore di un piccolo albergo dall'ottimo ristorante, riecheggia da vicino l'enigmatico e molto più inquietante commercialista Titta, uno dei personaggi più riusciti di sempre portati da Servillo sul grande schermo,  nato dal più che fortunato incontro (più volte celebrato) tra l'attore e il grandissimo Paolo Sorrentino.
Ecco, diciamolo subito: il limite più grande di "Una vita tranquilla", per chi avesse visto ed amato, direi perfino venerato, "Le conseguenze dell'amore" - la meravigliosa pellicola a regia e sceneggiatura di Sorrentino - sarà quello di rinvenirvi, eventualmente, una sorta di editio minor.
Anche se, a ben ponderare, questa censura è un po' ingenerosa.
Gli spazi di azione, in un senso quasi meta-aristotelico, del film di Cupellini sono più ampi, meno angusti: il suo successo si basa, infatti, oltre che sull'incredibile Servillo, anche sulla convincentissima interazione con il giovane Marco D'Amore, qui alla sua prima interpretazione di peso (dalla quale esce più che vincente), e, soprattutto, con il giovane ma espertissimo e direi peritus, nel più alto senso latino, Francesco Di Leva.

Quest'ultimo, interprete dall'enorme e considerevole formazione teatrale classica napoletana (avendo spaziato da Eduardo a De Simone) è forte di una lunga gavetta, sia cinematografica sia televisiva, e riesce qui a realizzare un personaggio schifoso, nel più schifoso dei modi.
Ma del resto, amare "Le conseguenze dell'amore" maggiormente che il film di Cupellini, discenderà, forse, più dalle tendenze naturali dello spettatore che da limiti o pregi insiti dell'una o dell'altra produzione.
Se escludiamo la regia, dove un primo e forse più febbrile Sorrentino è a mio giudizio (questa volta non sommesso, ma direi quasi oggettivo) insuperabile, le differenze stilistiche sono tutto sommato una questione di gusti personali: all'unità di azione e spazio (se non proprio anche di tempo) del primo film, si può preferirei la maggiore ariosità del secondo; alla sensazione di far il tifo per un buono - in un senso deviato, ma sempre di un buono -, si può preferire quella di patteggiare per un essere umano molto difettato e corrotto; ad una recitazione unicentrata - o pressoché -, si può preferire la forte presenza quantomeno di altri due contraltari, e che contraltari.
Quanto alla storia, come sempre in questi casi, rileva e non rileva, anche se è particolarmente potente, quasi lirica, anzi, più precisamente da tragedia greca.
Ecco un mio retaggio del liceo: il mio valevolissimo docente di greco e latino, il Professor Massimo Lo Jacono, ancora prima che diventasse, se vuoi, anche un po' di moda, ci invitava a rileggere i tristissimi e beceri fatti di camorra come un'avvilente trasposizione nel reale delle più dolorose tragedie greche; quelle della disgregazione comunità sociale, o del tessuto familiare, quelle che proponevano le ferite più insanabili per l'animo.
Con una sola fondamentale e fondante differenza: nella realtà mafiosa, manca del tutto il momento di catarsi, così come, volutamente, e molto acutamente, manca in "Una vita tranquilla".
Ultimissima chicca: in una colonna sonora molto "sul pezzo", spicca il tema principale che scorre lento e doloroso sui titoli di coda, interpretato dal sempre intenso Blixa Bargeld, cantante degli Einsturzende Neubaten (il favoloso gruppo tedesco che ho scoperto grazie ad un follower della prima ora del mio amato blog).
Insomma io questo film, gravemente ansiogeno, doloroso, senza ritorno, mi sento proprio di consigliarlo.



giudizio complessivo: @@@@@+

3 commenti:

Alessandra ha detto...

E' piaciuto molto anche a me, seppur non eccessivamente come a te. Servillo è sempre un mostro di recitazione, non c'è che dire.

Fabrizio Reale ha detto...

Bentornata Alessandra. Segnalerò subito il commento all'autrice della recensione affinchè ti risponda lei direttamente!

SuperEgoVsMe ha detto...

@Alessandra: ecco io davanti a Servillo perdo un po' di lucidità, in effetti.
Del resto adoro anche suo fratello, il frontman degli Avion Travel.
Quando si dice una famiglia geniale...
Ma de "Le conseguenze dell'amore" tu che ne pensi?

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