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giovedì 13 dicembre 2012

Il Peggior Natale della Mia Vita: recensione del film con Fabio de Luigi


Il peggior Natale della mia vita rientra fra quei sequel che vengono realizzati sulla base di un successo al botteghino in parte inatteso della pellicola originale: stessi protagonisti, qualche new entry, nuova location ma stesso canovaccio.  Uscito nelle sale il 22 novembre 2012, scritto dal regista Alessandro Genovesi e da Fabio de Luigi, Il peggior Natale della mia vita è una di quelle commedie natalizie realizzate per un pubblico che vuole ridere e divagare, senza alcuna vera pretesa.  
Fabio de Luigi ha il pregio di riuscire a rendere esilaranti alcune scene, anche grazie alla mimica del volto, nonostante in molti casi la trama risulti scontata e prevedibile, con lo spettatore che capisce quel che sta per accadere sullo schermo fin troppo in anticipo. 
Le variazioni sul tema rispetto a La peggior settimana della mia vita sono quelle tipiche di pellicole natalizie: la vacanza, il viaggio in una località famosa (Gressoney in questo caso), i regali e la festa del Natale, una serie di improbabili disavventure. 
Per il resto il Paolo interpretato da De Luigi continua a far danni ed a mietere vittime (in questo caso morirà il canarino, nel precedente era stato ucciso il cane), sua moglie, incinta, cercherà come sempre di rassicurarlo ed i suoceri lo odieranno sempre di più. Il resto è contorno ad un tema già visto.

Simpatico ma un po' ripetitivo Fabio de Luigi, fin troppo bonaccione e sornione Diego Abatantuono, un po' sprecato nel ruolo, discreto Antonio Catania, così come Anna Bonaiuto, che ha sostituito la Guerritore nel ruolo di Clara, la madre della sposa.  Sia per Cristiana Capotondi che per Laura Chiatti, che interpretano due amiche-nemiche incinte, si ha la sensazione che si sia concesso il minimo sindacale in quanto a performance.

Giudizio complessivo: @@ 1/2

giovedì 30 dicembre 2010

Il postino (1994): recensione del film con Massimo Troisi e Philippe Noiret


E' difficile, forse impossibile, separare il film "Il Postino" dall'immagine indissolubile di un Massimo Troisi malato e stanco, tanto caparbio da sfidare la propria precaria salute per terminare le riprese di quello che per molti è considerato il testamento spirituale del grande attore e regista napoletano (di San Giorgio a Cremano), spirato poche ore dopo aver girato l'ultima scena del film.

Tratto dal romanzo "Il postino di Neruda" di Skàrmeta, girato nelle splendide Procida e Salina, Il postino è stato da subito circondato da un'aura magica che ha fatto di questa pellicola un caso unico, elogiato da critica e pubblico, tanto apprezzato all'estero da portare il nome di Massimo Troisi nell'olimpo della cinematografia mondiale con una candidatura postuma all' Oscar come miglior attore protagonista ed un totale inatteso di 5 candidature all'ambita statuetta (fu vinta quella per la migliore colonna sonora drammatica consegnata a Luiz Bacalov).  
Nonostante solamente nella versione italiana figurasse il nome di Troisi accanto a quello del regista Michael Radford, per tutti il postino è universalmente riconosciuto come il suo capolavoro, un film, senza nulla togliere alle tante belle pellicole girate in precedenza, in cui raggiunse l'apice della carriera ed una notorietà internazionale sotto certi aspetti inattesa.  La mimica, i silenzi, le indecisioni nelle parole e nei movimenti del Troisi comico trovarono in una interpretazione drammatica così profonda il proprio naturale complimento.  

Il postino è un inno alla forza della poesia, al potere delle parole in grado di elevare personaggi a prima vista insignificanti a ruoli del tutto inattesi.  L'amicizia che lega Pablo Neruda a Mario Ruoppolo è sincera e mossa dalla tenerezza che ispira il giovane squattrinato postino, fra i pochi in grado di leggere e scrivere in un'isola più lontana dalla terraferma della realtà, ancora legata a un mondo antico di pescatori destinato in pochi anni a sparire del tutto.  L'ansia di apprendere nuove parole e nuovi componimenti è il vero anelito alla cultura ed alla elevazione sociale attraverso la conoscenza cui tutti dovrebbero aspirare. Se Neruda quasi inconsciamente sconvolgerà la vita del postino, quest'ultimo manterrà nei confronti del grande poeta un sentimento di riconoscenza quasi filiare, conscio del fatto di essere stato cambiato in profondità dall'esule cileno e di aver trovato non solo il coraggio ma anche i mezzi per conquistare la ragazza più bella e di buoni sentimenti del paese, grazie a quanto appreso nei sempre più lunghi momenti passati a dialogare di metafore con lui. 
Se la prima parte del film è tutta incentrata sul rapporto fra postino e poeta, sul ruolo della poesia e della parola nella vita, nella seconda parte diventa predominante il senso di attesa di un cenno o un gesto di Neruda nei confronti della comunità che aveva lasciato per rientrare in patria, la delusione dinanzi al silenzio del regista e la volontà da parte di Mario di fare qualcosa per la propria comunità, diventando "comunista" come il poeta, criticando le azioni dei politicanti locali, arrivando a scrivere lui stesso una poesia per Neruda da leggere in un contesto lontano dai silenzi e dai suoni scanditi dal vento e dal mare dell'isola, in città, in mezzo a una folla sterminata.  Le immagini finali incentrate su Neruda/Noiret che ritorna dopo cinque anni in Italia, quelle passeggiate sulla spiaggia ricordando le ultime parole registrate dall'amico che mai davvero si era sentito abbandonato,  quel primo piano interminabile sul volto dell'attore francese da cui traspare l'incapacità di comprendere una morte tanto assurda quanto improvvisa, sono per lo spettatore ancora oggi emozionanti in quanto quello sguardo sbigottito ed incerto ben si prestava e si presta tanto a cercare di dare un senso alla morte del protagonista quanto a quella del personaggio reale. Massimo Troisi se ne andò solo 12 ore dopo aver terminato le riprese,  il volto incavato, lo sguardo e le smorfie da cui traspariva sofferenza resteranno indimenticabili per quanti lo hanno amato ed apprezzato dai tempi della Smorfia in poi. 

Al di là di un indimenticabile Massimo Troisi, ottima è l'interpretazione di Philippe Noiret, perfettamente calato nella parte. Piacevole Linda Moretti, bella anche se un po' acerba nella recitazione Maria Grazia Cucinotta nel ruolo di Beatrice che le diede fama in tutto il mondo, di contorno le altre figure, da Matilde (Anna Bonaiuto) a  Renato Scarpa (il responsabile dell'ufficio postale).

Giudizio complessivo: @@@@@1/2

giovedì 11 novembre 2010

Noi credevamo: trailer del film di Mario Martone con Luigi LoCascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Anna Bonaiuto

Uscirà nelle sale cinematografiche italiane venerdì 12 novembre 2010 il nuovo film di Mario Martone, "Noi Credevamo", con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi e Anna Bonaiuto.   Il regista ripercorre durante le quasi tre ore di proiezione (nella versione presentata a Venezia la durata era di oltre 200 minuti, in quella che arriva nelle sale di 170) i trent'anni che vanno dal 1830 al 1860 attraverso le storie e la crescita dei tre protagonisti principali, affrontando temi e problematiche del Risorgimento italiano e degli anni che portarono all'unità d'Italia. 
Da segnalare che sono diversi i volti noti del cinema italiano che si sono prestati a comparsate nei panni di personaggi storici: Giuseppe Mazzini (Toni Servillo), Francesco Crispi (Luca Zingaretti), Antonio Gallenga (Luca Barbareschi).
Non sarà però facile recarsi a vedere questo film in quanto è prevista  la distribuzione solo in 30 sale in tutta Italia.  Essendo la RAI coproduttore al 50% ed essendo i festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia vicini, fra qualche mese di sicuro avverrà il previsto passaggio in televisione in almeno due puntate.

giovedì 1 luglio 2010

Io, loro e Lara: recensione del film di Carlo Verdone con Laura Chiatti


Il 2010 è iniziato, da un punto di vista cinematografico, all'insegna di Carlo Verdone. La scelta di inserire nella programmazione  mensile la propria ultima commedia in un periodo, quello a cavallo dell'Epifania, abbastanza lontano dalla scia dei cinepanettoni e contemporaneamente a distanza di sicurezza dall'arrivo della corazzata Avatar, avrà sicuramente sortito i suoi effetti al botteghino.
Io, loro e Lara, da qualsiasi punto di vista si voglia analizzare, non rientra nel novero dei "classici" film che il regista ci propina con cadenza annuale o biennale da oramai trent'anni, con un susseguirsi di battute e sketch collaudati e comunque sempre divertenti, ma andrebbe recensito senza immaginare tali clichè.  Per sommi capi la trama è abbastanza nota, grazie ai tanti passaggi in televisione e sui giornali che tale film ha avuto, passando anche per qualche polemica: padre Carlo torna dopo anni dall'Africa e si trova ad affrontare i banali problemi del viver quotidiano, che talvolta risultano essere meno risolvibili delle grandi problematiche a cui il prete era abituato a trattare come missionario.  In meno di due ore, partendo da tale principale filone narrativo, si dirama un quantitativo forse eccessivo di storie, storielle e gag laterali e collaterali, fino a toccare di sfuggita un numero impressionante di temi più o meno sociali, più o meno complessi, sicuramente lontani da quelli abitualmente trattati da Verdone:  dalle correnti di pensiero giovanili alla dipendenza dalla droga, dalle difficoltà affrontate da chi cerca di avere in affido un figlio ai matrimoni fra anziani e badanti, dalle avversità che la Chiesa deve affrontare in Africa alla "questione preservativo", dalla prostituzione al cyber sex c'è di tutto e ce ne è per tutti anche se semplicemente forse c'è un po' troppo materiale. Il rischio di perdersi e di non riuscire a seguire il regista è forte e la sensazione è spesso quella che Verdone non sia stato in grado di entrare in profondità in almeno una di queste tematiche ma si sia comportato come un'ape impollinatrice... un passaggio su ogni fiore e via...  
Va scritto che non è un film comico nel senso stretto della parola... non si ride quasi mai e le gag sono più volte a tentare di dare una dirittura morale ed a far riflettere che a far ridere...  Dei 118 minuti di programmazione risultano interessanti davvero meno di 30 minuti, in massima parte concentrati nel secondo tempo del film. Si ride solamente ed esclusivamente in presenza della coppia Verdone - Finocchiaro ed appare evidente che, forse, quest'ultima avrebbe meritato più spazio in modo tale da non far prevalere la noia in alcuni  punti del film. 
Verdone, anche in abito talare,  ricalca personaggi del passato, pescando fra quelli meno volgari ma più estraniati dal contesto sociale, in un'interpretazione un po' scialba, lontana dai fasti del passato. Discreta l'interpretazione di Laura Chiatti ed Anna Bonaiuto, divertente la presenza della sempre brava Finocchiaro.
Sia per quanto riguarda la scenografia che per quanto riguarda la trama,  talvolta vi è la sensazione che ci siano diverse falle e che alcune gag non rappresentino altro che toppe per collegare pezzi di pellicola diversi fra loro. 

Giudizio sintetico: @@

Film adatto ai bambini, nella misura in cui un film con gran presenza di turpiloquio lo sia. Non vi sono scene di sesso nè alcuna scena violenta. Le tematiche (droga, prostituzione, sesso cybernetico,etc.) trattate necessitano ovviamente di presenza di adulti accanto ai bambini. 

Visto a Napoli, al cinema Martos Metropolitan di Napoli, sala 3: sala grande, schermo super, audio ottimo e posti comodi. Prenotazione possibile via internet - posti numerati. 

Questa recensione era stata originariamente pubblicata qui.

nota bene

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