lunedì 6 settembre 2010

Somewhere: recensione e trama del film di Sofia Coppola con Stephen Dorff ed Elle Fanning


Uscito nelle sale cinematografiche italiane in anteprima il 3 settembre  dopo aver ottenuto buoni consensi di critica durante la proiezione alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, Somewhere è ispirato alla storia personale dell'autrice, sceneggiatrice e regista Sofia Coppola, giunta al quarto lavoro dietro la cabina di regia. Dubito che il cinema della figlia del regista de Il Padrino possa piacere a tutti, è certo, però, che l'originalità descrittiva e narrativa ne costituisce uno dei punti di forza: i silenzi e le riprese forzatamente indugianti su persone ferme od intente a ripetere fin troppe volte gli stessi gesti riescono, insieme ad una peculiare descrizione dei contorni, dei colori, delle ombre della città di Los Angeles,  a spingere lo spettatore lungo il percorso narrativo prescelto senza mai al contempo dedicare tempo e pellicola a   discorsi o scene dai rapidi sviluppi alle quali siamo normalmente abituati.

La vita del protagonista, Johnny Marco, attore di chiare origini italiane, a dispetto del proprio ruolo di celebrità dello star system di Hollywood, pieno di donne, denaro e vizi, scorre incredibilmente apatica, lenta e noiosa. Sofia Coppola utilizza tutti i mezzi a propria disposizione per rendere palese allo spettatore il malessere, la solitudine, il male di vivere che avvolge Johnny:  abituato ai lussi ed ai vizi sfrenati a tal punto da non far più caso a nulla, circondato da pseudo amici durante feste e festini eppure solo,  inseguito quasi dalle belle donne eppure annoiato anche dal sesso, a tal punto da addormentarsi durante un rapporto.
La scena iniziale del film, con la telecamera immobile a fissare un angolo di un polveroso mini circuito  situato nell' arido entroterra californiano e gli spettatori attoniti ad ascoltare il rombo di una potente Ferrari nera in attesa di vederla sfrecciare una, due, quattro volte davanti all'occhio vigile della cinepresa, riassume  al contempo il malessere - ancora inconscio - del protagonista e lo stile che la regista darà all'intero film.  La stessa figlia, nata da un matrimonio fallito, rientra in questo lento vortice: quando deve va a prenderla e la porta a danza, evitando accuratamente anche con lei di sostenere dialoghi, con il silenzio continuo padrone della prima metà del film, insieme alla bella colonna sonora affidata al marito della regista.  L'improvvisa decisione della ex-moglie di sparire per un po' sconvolgerà la vita di Johnny, costringendolo a cambiar registro dovendosi occupare della figlia ancor prima dei propri vizi e sarà proprio il senso di responsabilità, la quotidianità dei piccoli gesti, la colazione al mattino o una partita a carta la sera, a far comprendere al protagonista quanto sia vuota e inutile la propria vita.  Il rapporto padre - figlia, fatto non solo di parole ma anche e sopratutto di gestualità e - ancora- silenzi, è descritto dalla Coppola con metizia ed attenzione. Gli sfondi, i luoghi all'interno dei quali sono ambientate le scene sono in realtà dei "non luoghi", la stanza d'albergo, i lunghi corridoi, le strade semideserte della California interna e quelle affollate prossime alla città sono quel "somewhere" cui fa riferimento il titolo, quel "da qualche parte"all'interno del quale Johhny Marco si sposta sempre più stancamente fino all'arrivo della figlia.

Ottimo  Stephen Dorff, credibile come sia come artista maledetto ed annoiato che come affettuoso padre. Eccezionale davvero la piccola Elle Fanning, chiamata al primo ruolo davvero importante della sua già lunga carriera,  che interpreta benissimo la parte della ragazzina costretta a diventare più matura della propria età a causa dell'assenza di figure di riferimento parentali.  Per quanto riguarda la lunga pattuglia delle comparse italiane, a parte la brava Laura Chiatti,  che interpreta una amante italiana della star, tutti i vari protagonisti della televisione nostrana (Nino Frassica, Valeria Marini, Simona Ventura, ma anche Jo Champa ed altri) apparsi nella scena della premiazione del telegatto non fanno altro che mostrare una volta di più al pubblico straniero ancor prima che al nostro a quale livello di trash e volgarità si sia giunti dalle nostre parti. Che Sofia Coppola faccia di fatto scappare padre e figlia dal lussuoso albergo milanese dopo una premiazione fatta di ammiccamenti, nomi storpiati e balletti da Bagaglino è un fatto su cui molti fantomatici autori televisivi dovrebbero riflettere e non poco.

Somewhere è sicuramente un film interessante, di qualità, con ottimi interpreti.  Può ovviamente non piacere a tutti in quanto la lentezza con la quale Sofia Coppola indugia su scene e momenti  e l'assenza durante buona parte delle scene iniziali di dialoghi che vadano oltre il "ciao come stai?" possono infatti risultare indigesti ad un pubblico oramai abituato ad un certo modo di far film.
Edit 11 settembre: Somewhere ha trionfato alla 67ma edizione della mostra del cinema di Venezia, al film di Sofia Coppola è infatti andato l'ambitissimo leone d'oro.

Giudizio complessivo: @@@@

Di seguito è svelata parte della trama.
Johhny Marco è un attore di fama mondiale, star di Hollywood, che risiede da diverso tempo in una stanza di un famoso albergo di Los Angeles, abitualmente utilizzato da attori e personaggi dello star system. La sua vita procede  fra lunghi giri in Ferrari, festini a base di alcool, droga e sesso, spogliarelliste a domicilio  (le scene con le gemelle ballerine di lap dance sono memorabili) e donne che gli si concedono dopo un solo sguardo. Eppure la sua vita è noiosa, priva di vitalità e di piacere.  I giri in Ferrari altro non sono che ripetitivi percorsi polverosi in mezzo al deserto californiano, i festini spesso comportano scoccianti ospiti che chiedono consigli, durante le ammiccanti esibizioni di ballerine di lap dance il protagonista si addormenta più di una volta, così come accade durante momenti di sesso con partner occasionali.  Fra sedute dagli autori di maschere facciali,  conferenze stampa, presentazioni di film ed altro nulla riesce a smuovere dall'apatia il protagonista. La decisione della ex-moglie di "allontanarsi per un po'" e l'arrivo inaspettato della figlia Cleo nella propria vita quotidiana modificherà pur senza sconvolgerla l'esistenza di Johnny.  Niente più festini nè droga, orari più regolari, la colazione al mattio preparata dalla figlia, piacevoli chiacchierate e partite alla Wii... Alla fine sarà lui stesso a decidere di cambiar vita...

33 commenti:

Luigi ha detto...

Caro Fabrizio,

Non è che questo film può non piacere a tutti in quanto il pubblico è abituato ad un certo genere di film... è che questo film proprio non piace in quanto lento, noioso ed inutile. Si tratta di una seduta psicoterapeutica della cara Sofia sulla sua infanzia vuota in un mondo vuoto. E ben venga la neanche tanto velata critica alla televisione italiana di questi tempi e alla sua vacuità. Inquadrature monotone, lungaggini di scena, dialoghi da elementari, personaggi che entrano ed escono dalla scena senza capirne il ruolo (l'amico di Marco che parla sempre con la figlia, Laura Chiatti, gli sms misteriosi. Ma chi sono e che senso hanno?). Per non parlare di pasticci di regia, quali i microfoni di scena che fanno irruzione in almeno quattro occasioni. Mi dispiace ma è un film davvero brutto e che trasmette pochissimo. Credo che Francis Ford meritasse un pò di più dalla figlioletta...

Tizyana ha detto...

Una trama interessante che cercherò di approfondire con la visione.
Anche io sono appassionata di film, se vuoi ti aspetto sul mio neonato blog:
http://cinevisioni-e-letture.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

Film perfetto. Perfetto per far riempire la pagina della recensione ai critici addetti ai lavori che non sono altro che parte del carrozzone che si contesta ma senza cui una che nn fosse cotanta figlia d'arte non avrebbe avuto lo spazio che Sofia Coppola ha.L'abilità c'è. A partire da stratagemmi e "maniere" o scene "telefonate" come il circuito e la Ferrari d'inizio film. Va bene il minimalismo e il "sottrarre" ma leva resta una pappetta monocorde protratta ad oltranza. Sadico

Fabrizio Reale ha detto...

@ Luigi: quanto scritto sui generi di film cui siamo abituati è una nota in favore di un certo modo di fare cinema a discapito di quello della Coppola, che - appunto - può non piacere in quanto sfrutta un po' troppo i silenzi e la lentezza.

@ Tizyana: non mancherò di passare a visitare il tuo blog

@ anonimo: non essendo io critico cinematografico nè avendo la pretesa di esserlo mi sono limitato, come faccio sempre, a riportare le mie impressioni... il film è particolare e difficile. Secondo me l'interpretazione dei protagonisti è stata ottima e il film è ben costruito, anche se i silenzi dominano sui dialoghi e i non luoghi sui luoghi. Il film non è un capolavoro nè uno di quei film da non perdere... è però da vedere sicuramente

Alberto D. Biafelli ha detto...

Non vi capisco.. il film non è difficile!! è solo molto realistico!! il significato si capisce fin da subito: "la vita depressa delle stars" "la ricchezza che non fa la felicità" , non ci vuole un genio a capirlo insomma, Ed è la morale più banale che un film possa avere.
Bella invece è la fotografia del film ma comunque secondo me sono soldi buttati! non guardatelo!

Anonimo ha detto...

è uno dei film che mi ha messo maggiormente in crisi quest'anno, sono uscito dalla sala stordito e infastidito.......
stordito dalla lentezza del film, una lentezza chiaramente voluta ma anche chiaramente eccessiva e ridondante, stordito dalla mancanza di dialoghi, di risvolti narrativi, di approfondimenti psicologici, stordito da un minimalismo dilagante ma anche destrutturante......perchè colpisce le fondamenta stessa del film, che infatti risulta incompiuto, come se fosse solo una prima bozza su cui iniziare a lavorare davvero.....
la Coppola ha volutamente "tolto" tanto, ma ha sfrondato evidentemente troppo, intaccando la struttura stessa del film che ne risulta menomata......
infastidito perchè la prima ora del film è praticamente inutile, si poteva riassumere in un quarto d'ora senza togliere nulla al corpus dell'opera, non ci sono giustificazioni sotto il punto di vista stilistico, o concettuale, o narrativo, insomma sotto nessun punto di vista se non quello di dimostrare che visto che si è figli d'autore ci si può permettere di fare quello che cazzo ci pare......
quando il film comincia a decollare, ossia quando il nucleo del film diventa il rapporto padre-figlia ecco che il film finisce (ecco, il coraggio poteva essere nel fare un film di 3 ore e riuscire a riequilibrare il tutto).....quindi
un film sproporzionato nell'evoluzione storica e nell'esposizione delle tematiche, quindi in poche parole un film riuscito male......
ed è un peccato, perchè gli attori principali sono azzeccatissimi, Stephen Dorff - a mio avviso -ha delle potenzialità tragico/comiche tutte da esplorare, ma che traspaiono in modo lampante nel film e la Fanning è la degna sorella della grande Dakota Fanning, ha già una maturità espressiva disarmante vista l'età e ha una presenza scenica impressionante......da ricordare la scena in cui Elle pattina sul ghiaccio con lo guardo del padre che lentamente ne viene rapito, e la scena in piscina con ottima colonna sonora.....
master75

Antonio ha detto...

Ho (per mia sfortuna) visto il film. Vuoto assoluto... poi ci si sforza di trovare chissà che significati in qualcuno che fuma per 3 minuti in silenzio una sigaretta, o in due squallide ballerine di lap-dancing che si esibiscono per 5 minuti, o in un'auto che compie 4 giri di pista... Anche la relazione padre-figlia.... ci si aspetta che accada qualcosa ma non accade nulla. Noia assoluta, manca la trama, la storia, il suspanse, il sentimento. Manca tutto, eccetto la noia. Non avrei mai detto che, in 100 minuti di film, la cosa più bella sarabbe stata un balletto di Valeria Marini. Boh non capisco. Fantozzi direbbe, a ragione, una c..ta pazzesca. Consiglio: spendete meglio gli 8 euro del biglietto.

Anonimo ha detto...

@ Antonio
Sono d'accordo quasi su tutto, ma neanche il balletto della Marini mi è piaciuto...

Anche a me e venuta in mente la tua citazione di Fantozzi uscendo dal cinema, e sono molto contenta di esserci andata un mercoledì a prezzo ridotto!

@ Fabrizio
Non è stata la lentezza a darmi fastidio in questo film, gli ho dato una chance al fino alla fine, ma sono inutilmente rimasta in attesa di qualcosa che mi colpisse in qualche modo.
Si, gli attori famosi hanno delle vite stravaganti, figlie meravigliose e si possono anche permettere di mollare una Ferrari in aperta campagna.
E le registe figlie di papà possono fare dei film troppo minimalisti, autocelebrativi e banali.

Somewhere a mio avviso non merita di essere visto.

Anonimo ha detto...

Poche chiacchiere: una boiata chiara ed evidente! Ci poteva forse fare un cortometraggio, al massimo.

Anonimo ha detto...

Ho visto "Ferro 3": film coreano lento, lentissimo, ma con una trama che, perlomeno, poteva colpire. Pensavo che non avrei mai visto un film peggiore. Invece, venerdì sera, mi sono dovuto ricredere: Somewhere è ancora più lento, più inconcludente, più banale, più scontato. Inoltre, è privo di una trama, privo di un insegnamento e sopratutto privo di un regista.... Oramai è assodato che i figli d'arte possano permettersi di non fare arte, ma venir premiati comunque (in Italia è più facile). Il problema reale è che lo facciano con i miei otto euro....

Anonimo ha detto...

Ha vinto il leone d'oro !!!!
Se non fosse tragico per la reputazione del festival, ci sarebbe da ridere.
Mai visto un film spazzatura premiato con l'Oscar. Da noi accade. :-(
Unica stucchevole spiegazione: Tarantino, presidente della giuria, ci ritenta con la Coppola presentandosi con un Leone d'Oro come originale regalino.
A spese dei poveri diavoli che, attratti dal premio come da uno specchio delle allodole, andranno al cinema ad incazzarsi dopo il trentesimo sbadiglio.

Anonimo ha detto...

SOMEWHERE, NON ANDATE A VEDERLO!!!!!
NON ANDATE A VEDERLO!
Bestemmiereste i soldi del biglietto!
Io, purtroppo ieri l'ho visto al cinema Arcobaleno.

Pessimo! Uno dei peggiori visti. Peggio perfino di Lost in Translation (sempre della Coppola) che credevo avesse raggiunto il massimo del negativo di un film....

SOMEWHERE è un film insulso, insignificante, noioso, pesante, celebralmente spento, senza trama, con sequenze lunghe e noiose, senza uno sprizzo o una scintilla di qualcosa che risvegli lo spettatore dal suo torpore....
spero che il botteghino lo punisca quanto merita!
allora mi sono chiesto:

MA COME HA FATTO A VINCERE?
e mi sono anche risposto:
1) è distribuito da Medusa che, come il Milan, appartiene a BERLUSCONI!
2) che la giuria è stata influenzata (e influenzata è dire poco)
3) è anche i "critici" devono essere o fuori dal mondo reale o anche loro molto...influenzati

Roberto

Anonimo ha detto...

Una vergogna! Film noioso, insignificante, scene messe lì a caso per fare in modo che il film durasse almeno 1 ora e mezza...non andate a vederlo!

Anonimo ha detto...

Non c'è più onestà nemmeno da parte dei critici ( ma perchè continuare a chiamarli così se per esempio la Aspesi su Repubblica si è ben guardata dall'esprimere un giudizio limitandosi ad esporre la trama?) Allora che critico è? O forse non ha avuto il coraggio ( e l'onestà ) di dire quello che il fim è: 98 minuti di pura noia!

Anonimo ha detto...

una boiata pazzesca. lentisssimo, noioso, insulso il peggior film che ho visto ultimamente.
Fate dell'altro.
TEA

franco ha detto...

Un volgarissimo film,una truffa ignobile scambiata per capolavoro. E' il film adatto per le masturbazioni intellettuali di quel manipolo di critici che sono convinti di essere gli unici a capire, e che non capiscono nulla.

Anonimo ha detto...

un film senza senso e per tutto il film si cerca di trovare un senso...l'unica cosa forse la ricetta della colazione che la figlia prepara al padere deve essere buona
non andateci

Anonimo ha detto...

una sofferenza protratta per più di un'ora, un sadismo simile non me lo sarei mai aspettato dalla regista di marie antoinette, quale differenza, quale noia e soprattutto....CHE PALLE!
Soldi buttati per un film in cui non c'è nulla, non un briciolo di originalità o una qualche comunicazione di una qualsivoglia emozione allo spettatore,questo film non da nulla , non insegna nulla, in compenso leva via un sacco di tempo!
E ha vinto il leone d'oro...cioè non so se mi spiego
ALLE FIAMME!!!!!!!!!!


BY LULU

Fabrizio Reale ha detto...

@ tutti gli anonimi:
Firmarsi aiuterebbe il sottoscritto e quanti leggono a capire se vi siano eventuali interventi di risposta.

Per quanto possa capire che il film a molti non sia piaciuto, come del resto già avevo ampiamente previsto e scritto nella recensione, eviterei certi toni un po' troppo accessi... grazie !

Anonimo ha detto...

A me il film è piaciuto molto. La tipa seduta vicino a me ha dormito per quasi tutto il tempo del film e, in sala, molti si sono lamentati di quanto fosse noioso, ma io sinceramente l'ho trovato molto bello. Mi è piaciuto il suo stile minimalista (nessuna dissipazione drammaturgica, una fotografia essenziale e una colonna sonora altrettanto sobria), l'ho trovato raffinato e profondo, privo di retorica (quando si parla di fallimento esistenziale molto spesso i toni si fanno patetici, non è questo il caso...). Non vedo dove stia l'intellettualismo, né perché si debbano cercare delle dietrologie al fatto che abbia vinto a Venezia. Può non piacere, ma certe considerazioni mi sembrano davvero gratuite.

Anonimo ha detto...

Il film più inutile e vuoto degli ultimi 10 anni.
Non per la lentezza o per un certo minimalismo ma perchè risultano proprio confusi ed elementari i passaggi e i significati.
Sono indignata con Tarantino che ha sprecato un Leone in questo modo!

SuperEgoVsMe ha detto...

Vedo che questo film è piaciuto molto, eh!
Il più benevolo sei stato tu, Fabrizio, che anche pari tutt'altro che entusiasta.
Francamente tutta questa negatività (degli altri) quasi quasi mi spinge a vederlo, tanto per farmi un'opinione anche se, francamente, non sia una grande fan della Coppola - anche l'osannato "Lost in traslation" mi lasciò tiepidina.

Anonimo ha detto...

Forse non è da leone d'oro (non ho visto gli altri film in lizza), ma secondo me non è per niente male. Autobiografico, ne ho avuta ora la conferma, spiega alle persone "normali" come può divenire insensata la vita di una star, dove conta solo apparire e dove tutto perde valore. la crisi finale al telefono spiega il film senza troppe parole. leggo pesantissime critiche, ma vorrei capire quali sono i capolavori recenti. forse si è troppo bituati a film contrame e stratagemmi per tenere alta la concentrazione. (TM)

Anonimo ha detto...

HANNO SVENDUTO IL LEONE D'ORO!
Una regia inesistente almeno quanto la sceneggiatura.
Sequenze orribili come quando la figlia pattina sul ghiaccio o come le ballerine di lap dance in albergo.
E Salvadores si permette di dire pure che il cinema italiano non emoziona?
Se questo è il cinema che vince allora
VIVA IL CINEMA ITALIANO!

Anonimo ha detto...

A me il film è sembrato una maniera originale di raccontare una storia banale. Può piacere oppure no ma non è un film vuoto, il messaggio arriva forte e chiaro e i silenzi, anche se un pò angoscianti, disarmanti o noiosi (a seconda di come uno li avverte) rendono il film più interessante. Mi ha fatto piacere che sia stato messo in luce il trash della tv italiana... ce lo meritiamo proprio!

Anonimo ha detto...

mamma mia il piu brutto film mai visto!!! è propio senza niente ne storia ne avventura ne paura ne scene di azione nienteeee propio un vero scandalo pensare ke si debba pagare per vedere uno che beve e fuma e respira!!!!altamente sconsigliato!!!ma come hanno fatto ha fare un film cosi???????????

Sergio Magaldi ha detto...

Somewhere, ma dov’è il film? Una serie di “quadri” di maniera senza ritmo perché la lentezza con cui vengono presentati forse ti aiuti a riflettere sul “grande” tema esistenziale proposto: “Come puoi vivere se sei un attore di successo che gira in Ferrari, dorme in suite dotate di piscina privata, si addormenta grazie allo spettacolo di due professioniste gemelle con tanto di pertiche smontabili, puoi avere tutte le donne che desideri, non sei neanche bisessuale, ma al tempo stesso sei amato teneramente da una figlia undicenne?”.
All’inizio del film si ha come l’impressione di un difetto nel montaggio, con la Ferrari che passa e ripassa davanti agli occhi dello spettatore, poi si comprende che difetto non è, perché un analogo ritmo si ripete quasi per ogni altra scena. Una scelta giustificata per predisporre il pubblico alla riflessione, come si diceva sopra o magari alla noia, foriera di interrogativi metafisici.

Johnny Marco [Stephen Dorff], l’attore italoamericano di successo, è considerato anche bello, ma la regia è abile nel mostrarci, con ripetuti primi piani del volto e del corpo [stomaco e pancia dilatati], i segni incipienti della decadenza fisica che s’accompagna al turbamento esistenziale. Frequenti lavaggi, oggetti e situazioni che si ripresentano ossessivamente sullo schermo per dare un’idea della crisi che attanaglia il protagonista [vassoi della prima colazione, interni di alberghi lussuosi a cominciare dal celebre Chateau Marmont di Hollywood, bagagli caricati e scaricati su e da auto di grossa cilindrata etc…]. E, a parte Cleo [Elle Fanning] la ragazzina undicenne, dal volto iperanglosassone, che sa preparare appetitose prime colazioni e che naturalmente è gelosa delle donne che circondano il padre, tutti gli altri personaggi nel ruolo di fantasmi [compresa Laura Chiatti “la ragazza italiana” e il “medaglione nostrano” di cattivo gusto con Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini], chiamati alla vita unicamente a sostegno della tesi annunciata: “Chi siamo veramente? Dove andiamo?”.

Il paradosso è evidente: se a porre la domanda fosse un povero cristo, non lo prenderemmo sul serio, ma qui ci troviamo di fronte ad uomo di successo, ancora giovane e bello, che può avere tutto ciò che desidera e che la provvisoria convivenza con la figlia ha messo in crisi. Quale la soluzione? Telefonare alla ex-moglie, chiederle aiuto tra le lacrime sperando che lei si commuova e accorra in soccorso? Niente di tutto questo, perché il pianto del bell’uomo di successo non ha il potere né di commuovere la donna né i sempre più annoiati spettatori. E allora non resta che salire sulla Ferrari, farci un bel giro con opportune accelerazioni, uscire su una strada secondaria che costeggia una campagna reticolata e desertica, scendere dall’auto, lasciando la chiave inserita nel quadro per la gioia dei ladri e proseguire a piedi col sorriso sulle labbra.

Insomma, si può vincere il Leone d’oro del Festival di Venezia, anche con questi ingredienti, soprattutto se ci si chiama come la regista e se un amico intimo, un personaggio come Quentin Tarantino, presidente della giuria, così si esprime: “È un film che ci ha incantato fin dalla prima scena e che poi è cresciuto nei nostri cuori e nelle nostre analisi”.
Tutto bene, purché il film serva alla Ferrari per aumentare le vendide negli USA e nel mondo.

Sergio Magaldi [Dal Blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com]

Anonimo ha detto...

Quando un film è segnalato dalla critica come uno dei migliori della stagione potete scommettere che è una bufala. Evitate di andare a spendere soldi e tempo!
Bruno

Anonimo ha detto...

Ho trovato questo un film quasi perfetto; grazie ai suoi indugi, i suoi silenzi, le sue riflessioni, la sua apparente vuotezza. Ho trovato nella leggerezza e nella naturallità della trama, delle musiche e della fotografia una miscela che lo rende raffinato, elegante e poesia in alcune scene.
Non si fosse chiamata Sofia Coppola non ci sarebbero state tante critiche negative e spietate.
Lo consiglio a tutti coloro che non sono pregiudizievoli.

Anonimo ha detto...

Uno dei film più noiosi mai visti, non si può nemmeno fare una critica perchè il film è privo di trama vuoto insignificante.

Anonimo ha detto...

La noia che il film trasmette allo spettatore è un portato esistenziale della vita del protagonista e credo che la regista abbia voluto conferire questo aspetto quale reale traccia conduttrice di tutta l'opera.
Può piacere o meno ma è così.
A me il film è piaciuto ma forse poteva essere coronato da un finale diverso (perchè non andare a riprendersi la bambina al camp invece di farsi una scampagnata con abbandono della macchina? certo più banale e buonista? forse però poteva ulteriormente riconciliare il pubblico con il film ed i NON valori ivi rappresentati).
Un moto di disgusto invece non ho potuto non provare nella scena ambientata in Italia (la consegna del telegatto) veramente squallida perchè ben rappresentativa di uno opprimente squallore in cui la nostra italietta si sta cacciando ed è significativo di come sia compreso appieno dagli stranieri...

Gianlu ha detto...

Mah...ritenevo fino a stamattina questo film alla stregua del vostro pensiero.
Noioso, fermo..lento sarebbe un complimento.
Visto ieri sera su Iris...ma se sono qui a cercare recensioni o pensieri altrui, come minimo mi ha colpito.
Nel bene o nel male, un segno però lo lascia.

Unknown ha detto...

Anche io l'ho visto ieri sera per la prima volta, trovandolo magnetico nel suo lento scorrere. La Coppola ha trovato la chiave di volta giusta per descrivere la crisi del protagonista, rinchiuso in una specie di bolla autoisolante fatta di elementi routinari e svaghi dissoluti. Il lento e inesorabile scorrere della sua esistenza al di fuori di un set cinematografico non poteva essere rappresentato in altra maniera e viene incrinato solo grazie alla comparsa della figlia, che gli fa riscoprire la paternità e si comporta quasi da madre in alcune situazioni, ribaltando parzialmente il rapporto padre/figlia. Posso anche comprendere alcune critiche che vengono addotte a Somewhere e alla sua regista, ma tacciare di vuotezza e inutilità un film del genere è un'esagerazione bella e buona.

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