lunedì 4 ottobre 2010

Tris di donne ed abiti nuziali (2009): recensione del film di Vincenzo Terracciano con Sergio Castellitto

Ricevo e volentieri pubblico la recensione di Tris Di donne ed abiti nuziali, film uscito nel settembre 2009 con Sergio Castellitto, Paolo Briguglia, Martina Gedeck.
Autore della recensione: Daniela Persico di Incontrollabilmente io.


Di quello che sarebbe l'uomo senza qualità se Musil non rinascesse solo per morire di nuovo, dopo aver tirato seco un certo regista che, tempo fa, veniva da Napoli.

Queste erano le premesse.

Questa è l'intervista che movieplayer.it realizzava al regista Vincenzo Terracciano e agli attori del suo ultimo film, "Tris di donne e abiti nuziali", a ridosso della sua presentazione alla 66ma edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Il film è stato presentato nella sezione "Orizzonti".

Il film è un film inutile.

Avverto gli astanti che queste saranno righe ad alto tasso di "livorosità".

Poche cose ho visto inutili, senza un ben che minimo senso, senza un filo logico, pateticamente protese a modelli (il regista cita nell'intervista che ho linkato Monicelli, Germi, io temo che, poveretto, abbia in testa addirittura De Sica e Rossellini) con i quali non ha nulla, ma proprio nulla a che fare, e in un tutto ciò irritanti come il film di Terracciano, ovviamente napoletano.

Perché dico ovviamente?

Perché solo un napoletano può essere così cattivo, così ingrato, così stolto e stolido nei confronti della sua città.

Terracciano poi pecca di ingenuità non solo sul piano "filmico" ma anche su quello della loquela: con candore lo dice di esser andato via da Napoli vent'anni fa e di esser tornato solo con una macchina da presa.

Se ne vanti pure, i risultati della sua assenza si vedono tutti nella sua pellicola, duole dirlo, piuttosto risibile e non risolta.

Di Napoli lui ha perso il senso, se è in buona fede, oppure gli par facile, per far clamore, cavalcare onde che altri cavalcano mettendoci la faccia e anche il cosiddetto culo; oppure, ancora, onde che i telegiornali cavalcano continuamente perché forse noi non lo sappiamo ma fa chic. E così il delitto efferato di Battipaglia è il delitto di Napoli, perché a Napoli solo camoristi, o, all'occorrenza putipù e mandolini, con abbondante pizza sia detto.

Ecco, l'unica riconoscenza che posso avere da spettatrice e da concittadina con Terracciano è quella di aver evitato di cadere nella macchietta napoletana: non c'è mai un'immagine grossier o caricaturale, anzi il rispetto dei luoghi, quello, se non altro quello, è rispettato anzi onorato.

Ma è lo spirito di Napoli ad essere vilipeso, umiliato e offeso.

Uso le ultime due parole, "umiliato e offeso" non a caso e con piacere: il caro Terracciano, sul piano dello "psicodramma" voleva, ovviamente a mio sommesso avviso e, probabilmente, erroneo parere, fare una versione beta de "Il giocatore" del duemila. Torni pure a giocare con le bambole.

Dello spirito dostoevskijano non ha niente e se è vero che alla lontanerrima se ne voleva ispirare, temo non abbia neanche digerito molto.

"Tris di donne e abiti nuziali" - sulla cui trama, oltre che nell'intervista linkata ad inizio post, potete trovare qualcosa anche qui nell'ottimo sito mymovies che sempre mi guida nelle mie modeste critiche ma anche, talvolta, nella scelta del film - è un film che aveva molte oppurtunità: una storia tutto sommato ben sfruttabile, una location da incanto e, uber alles, degli attori di tuono.

Una panoplia, o se volete un esercito, che comprende da un lato e pria di tutti un gigantesco, come sempre, Sergio Castellitto, che infatti non so come si sia prestato ad una cosa così minima; un'efficacissima Marina Gedeck, donna dall'enorme fascino; un incisivo Briguglia; una brava Raffaella Rea che poi interpreta lo spinoso ruolo dell'unica veramente salva, che permettetemi in un film fatto di tanti personaggi è un po' poco, soprattutto quando si vuole rappresentare lo spaccato di un intera città (non vorrei arrivare a pensare che più che Napoli, il regista abbia fatto confusione, rappresentando qualcosa di più endogeno); un accorato Salvatore Cantalupo, altro personaggio pur nella sua corruttela estremamente positivo; un grandissimo Paolo Calabresi, attore che io non capisco ancora come e perchè e per quale accidente del destino ancora non esca fuori.

Eccellente il cameo di Iaia Forte: che rappresenta una donna ipersessuata, disperata e ingorda.

La stessa visione che Terracciano ha di Napoli, dimenticandosi forse che sta parlando della sua terra e la terra è sempre la mamma. E la mamma mette al mondo e noi siamo sempre, sempre, sempre in parte suoi, anzi tutti suoi, come un figlio devotissimo diceva della migliore delle mamme.

Caro Vincenzo, mi dispiace, forse son severa, forse incompetente, ma la vedevo meglio meglio assaje - lo ricorda ancora il napoletano? -, a dirigere "Grandi Domani".

Ripassi a settembre suvvia, e non dimentichi che "la mamma è la mamma" per parafrasare chi di Napoli e della vita in genere aveva capito qualcosa.

La disperazione senza riscatto, la confusione, non va mai rappresentata, a meno che non si sia Maestri.

giudizio complessivo: @@1/2

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